CATTIVE ACQUE – La verità tinge di nero

Hitchcock amava dire “Il cinema è la vita, senza le parti noiose”. Aveva capito che i mostri dal viso umano ci fanno rabbrividire più di creatura maledetta o casa infestata. 

Mark Rufallo interpreta Robert Biliott, protagonista del thriller Cattive Acque (originale: Dark Waters, 2019), nonché l’avvocato ambientalista – oggi 54enne – che per 20 anni ha lottato con un colosso dell’economia americana. Stiamo parlando di DuPont, per anni la maggiore azienda chimica mondiale. Per darvi un’idea del perché questa compagnia fosse (e sia tutt’ora) ritenuta intoccabile vi diremo solamente che nel 2018 ha fatturato 86 miliardi di dollari ed è indicata nella lista Fortune500 2019 al 35esimo posto.

We’re not producing chemicals for chemicals’ sake, we’re producing them for making folk’s lives easier. Happier. Longer. That’s why better living through chemistry is not just a slogan of DuPort. It’s our DNA”

È il nostro DNA? Eccome se lo è. Ma grazie a DuPont un’affermazione apparentemente innocente assume un significato sinistro. Non lo realizzano gli spettatori di questo discorso del 1999, tenuto da Phil Donnelly (Victor Garber nel ruolo di antagonista), CPO della compagnia. Eccetto per Robert (“Rob”), che un anno prima aveva iniziato ad indagare sulla tossicità del PFOA-C8, su richiesta di un fattore Wilbur Tennant (Bill Camp), amico di famiglia ed ex-proprietario di un gregge di circa 200 mucche. 

Ex, vi chiederete? 

Tennant si reca da un avvocato il cui lavoro è difendere compagnie chimiche (tra cui la stessa DuPont) mosso da rabbia e prove inconfutabili. Presenta a Rob gli organi danneggiati ed i denti anneriti del suo bestiame. Mostra un cimitero di 190 animali. È costretto a sparare ad uno di questi, passato da docile a folle, che stava caricando come un toro a Pamplona. 

Non sono solo gli animali a soffrire le conseguenze di questa sostanza misteriosa, di cui non sembrano esistere informazioni disponibili al pubblico (per una buona parte del film, non sappiamo nemmeno il significato di quella sigla). In una ripresa piuttosto sconcertante, vediamo delle bambine in bicicletta con i denti neri. La portata dei danni meno visibili resta incerta a lungo, ma Rob è ormai certo della pericolosità della sostanza, e nonostante il supporto dei suoi colleghi e persino della moglie (Anne Hataway) vacilli, sa che i 70.000 cittadini del West Virginia hanno il diritto di avere risposte, di sapere cosa sta uccidendo i loro cari o i loro bambini appena nati o generando loro gravi malformazioni (come nel caso del simpatico Bucky Baily). Hanno diritto alla verità e alla giustizia.

C’è, infatti, sottotraccia, una vena nera e putrescente, in Cattive acque, un retrogusto malsano, che ricorda vagamente quel senso di disagio che riuscivano a trasmettere – e ancora ci riescono – certi film non allineati e arrabbiati degli anni ’70 […] Prendendo spunto da un lungo articolo pubblicato nel 2016 dal New York Times Magazine, il film di Todd Haynes ricostruisce con dovizia di particolari e un ritmo davvero incalzante, la vicenda giudiziaria lunga 20 anni (e tuttora in corso) che ha visto Bilott, avvocato aziendale socio di un importante studio legale di Cincinnati e (oggi) attivista ambientale, portare sul banco degli imputati un colosso dell’industria chimica, per giunta suo cliente.” – Cineforum, Marco Cacioppo, 19 febbraio 2020

Articolo NY Times
Articolo NY Times

Ebbene sì. Per 126 minuti, percepiamo come la verità sia più spaventosa dei mostri sotto il letto. Rabbrividiamo al pensiero che l’acido perfluoroottanico (PFOA) è stato dichiarato tossico dall’EPA (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente americana) solo di recente. 

Ma dove si trova questa sostanza? I cittadini del West Virginia subivano le conseguenze di decenni di scarichi di rifiuti nell’aria e sottoterra. Questi andavano, con il tempo, ad inquinare l’acqua. Acqua che bevevano gli animali, e che non veniva sufficientemente filtrata per diminuire gli esorbitanti livelli di fluoro (responsabile dell’annerirsi dei denti).

“In seguito al rilascio durante la fabbricazione, l’uso e lo smaltimento dei prodotti che li contengono, PFOA e PFOS essendo chimicamente stabili nell’ambiente e resistenti ai tipici processi di degradazione risultano essere persistenti e presenti sia nel suolo, che nell’aria e nell’acqua. Essi sono in grado di rimanere nell’aria per giorni e di essere trasportati prima di cadere sul suolo. Qui essi si muovono facilmente attraverso terreni sotterranei dove possono percorrere lunghe distanze e contaminare le acque. Le principali fonti di esposizione possono essere l’ingestione di acqua potabile contaminata o di cibi con alti livelli di questi composti (ad esempio, pesce e frutti di mare) o contaminati da imballaggi che li contengano. La popolazione generale può essere anche esposta attraverso l’inalazione di aria contenente polveri o contatto di superfici o suoli contaminati, principalmente nei bambini

Film Cattive Acque (Dark Waters), 2019
Film Cattive Acque (Dark Waters), 2019

L’EPA considera 0,2-0,4μg/L le concentrazioni limite sicure per esposizione per periodi limitati rispettivamente a PFOS e PFOA. Nell’acqua contaminata da DuPont questi livelli arrivavano a 6 μg/L. L’Unione Europea non ha legiferato a riguardo.

Vorrei sottolineare che il Ministero della Salute Italiano ha rilasciato le linee guida sopra riportate nel 2016.

Ma quando si arriva a queste scoperte?

DuPont? DuPont ne era a conoscenza dal 1967, quando ha condotto test su ratti che portavano a varie forme di cancro, nonché cuccioli morti o malformati. Già nel 1962 si erano registrati diversi casi di lavoratori morti in circostanze poco chiare. Tutte le donne nella catena di produzione erano state licenziate, dopo che alcune avevano dato alla luce figli con gravi deformità.

Tuttavia, la produzione è continuata indisturbata per decenni. Solo nel 2004, grazie alla battaglia inarrestabile di Rob, ben 69.000 cittadini del West Virginia si sottopongono a prelievi e vari test per accertare i danni provocati del PFOA. Il vantaggio di così tanti campioni? I risultati sono inconfutabili. Lo svantaggio? Gli esiti arrivano nel 2012. 

Ben 3535 casi di pazienti sono stati discussi nelle corti americane, 670,7 milioni di risarcimento sono stati sborsati da DuPont. Rob sottolinea, però, che questa cifra viene fattura dalla compagnia in 5 giorni. 

Siamo stati contagiati anche noi? L’EPA sostiene che il 98-99% della popolazione mondiale è stata, in varie misure, in contatto con questa sostanza. Non tutti, chiaramente, vivono in West Virginia. Moltissimi però hanno usato prodotti a base di Teflon.

Eccezionale per le padelle antiaderenti, una volta riscaldato questo materiale inizia a rilasciare PFOA, che va a contaminare il nostro cibo. Solo nel 2013 si è iniziato a produrre beni in Teflon più sicuri, liberi dall’acido perfluoroottanico.

Quanti anni avevate nel 2013? Quante volte avete cucinato nelle comodissime padelle in Teflon? Quanti dei vostri ristoranti preferiti le utilizzavano?

The system is rigged. The want us to believe that it’ll protect us, but that’s a lie. We protect us. We do. Nobody else. Not the companies, not the scientists, not the government. Us.” 

Rob, con queste parole, ci ricorda la nostra grande responsabilità, verso la salute pubblica, degli animali e dell’ambiente. Così, noi di Legambiente non possiamo che consigliare caldamente la visione di questo film.

Quella sensazione di terrore pervade anche questo film, e lo rende un’opera spaventosa e senza tempo, lontana dallo stile di un docudrama. Nell’era di Trump, quando gli abusi delle aziende sono stati dimenticati in nome del profitto, siamo tutti allarmati dal prossimo attacco al nostro già fragile clima. Bilott ha agito per fermare tutto: noi che cosa stiamo facendo?” – RollingStone.it, Peter Travers, 23 febbraio 2020

 

Informazioni: Cattive Acque (Dark Waters), 2019

Genere: thriller, docufilm

Dove trovarlo: DVD, acquistabile anche online

 

Articolo di Camilla Bonardelli

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